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Pianificare il
futuro
affrontando il riscaldamento dei processi

L’uso predominante dei combustibili nell’industria – generare calore per il riscaldamento dei processi – sinora ha rivestito un ruolo solo marginale nell’ambito della decarbonizzazione. Ecco in cinque passaggi come ridurre sensibilmente questi consumi e puntare su fonti energetiche prive di CO2.

L’obiettivo della politica climatica svizzera di raggiungere un saldo netto delle emissioni pari a zero presuppone che, entro i prossimi 30-50 anni, l’economia e la società non emettano più gas serra. Nei vari scenari e strumenti studiati a tal fine, il calore generato per il riscaldamento dei processi in ambito industriale e artigianale riveste un ruolo marginale o è assente del tutto, nonostante esso rappresenti l’uso predominante dei combustibili nel settore secondario. La percentuale di calore destinato al riscaldamento dei processi nelle imprese aderenti all’AEnEC, infatti, è di gran lunga superiore a dieci terawattora all’anno e costituisce all’incirca il 70 per cento del consumo industriale di combustibili di tutte le aziende dell’AEnEC. È dunque un aspetto trascurato? Nei decenni a venire, la decarbonizzazione dei processi e del calore destinato al loro riscaldamento sarà una sfida per la maggior parte delle imprese. Ma se si agirà in maniera intelligente, differenziata, sistematica e lungimirante puntando a una generazione e un utilizzo del calore «a misura di futuro», la decarbonizzazione sarà un obiettivo realistico. Considerato tuttavia che per implementare le misure necessarie possono volerci decenni, la pianificazione non dovrebbe essere posticipata oltre.

PIANO IN CINQUE FASI

Garantire nel lungo periodo una produzione a emissioni zero richiede misure e sviluppi a diversi livelli. Il consumo energetico industriale può essere minimizzato in vari modi: attraverso efficientamenti, il recupero di calore nei e tra i processi, l’ottimizzazione e la conversione dei processi, l’adeguamento dei prodotti, il riutilizzo delle materie prime (economia circolare) e lo sfruttamento del calore residuo tra le aziende. Le temperature necessarie alla produzione possono essere ridotte adeguando processi e prodotti. Il fabbisogno termico rimanente può essere coperto da vettori energetici privi o a bassa emissione di CO2. Fondamentali per realizzare una produzione a zero emissioni sono i seguenti cinque passaggi:

1. Efficientamenti
Le potenzialità di ridurre le emissioni di CO2 attraverso un miglioramento dell’efficienza sono ancora elevate, soprattutto se si interviene sui processi con ottimizzazioni a livello operativo, l’impiego di innovazioni e tecnologie avanzate, il recupero di calore internamente ai processi e lo sfruttamento del calore residuo con modellazione PinCH. Le misure di efficientamento finalizzate all’impiego eco-sostenibile dei processi e del calore necessario per il loro riscaldamento sono spesso le più redditizie, in termini di costi, per molte imprese.

2. Reti e sfruttamenti integrati
Ridurre le emissioni è possibile anche attraverso il recupero termico e lo sfruttamento del calore residuo tra più stabilimenti di produzione. Le reti di teleriscaldamento, infatti, consentono di usufruire del riscaldamento e del raffreddamento tra vari processi e industrie. Le difficoltà a livello di realizzazione pratica risiedono nella pianificazione spaziale delle reti e degli usi condivisi e nella distanza geografica tra le potenziali aziende collegate. Le reti di teleriscaldamento, inoltre, presuppongono una programmazione di lungo periodo e richiedono investimenti importanti, che non tutte le imprese situate in corrispondenza degli allacciamenti sono in grado di sostenere finanziariamente. Le reti e gli sfruttamenti integrati creano inoltre interdipendenze tra le imprese, di cui va tenuto conto in fase di pianificazione. Una fabbrica di padelle, ad esempio, può fornire calore a un’amministrazione comunale, una casa di riposo, parte delle strutture scolastiche e immobili privati. Non dovendo trattarsi necessariamente solo di aziende partner – anzi spesso un requisito è anche la presenza di un’infrastruttura pubblica – vanno garantiti altresì la sicurezza giuridica, la fattibilità della pianificazione e una solida intesa con le autorità…

3. Adeguamenti dei processi
In molti casi i processi possono essere adeguati a requisiti di temperatura inferiori, che spesso comportano anche un minor fabbisogno energetico. Queste variazioni possono sì valere la pena, ma anche rivelarsi costose e rischiose. Ecco perché su questo fronte si avverte una certa ritrosia. Affermazioni quali: «lasciamo le cose come stanno, ha sempre funzionato così» oppure «le regolazioni non si toccano, le ho prese tali e quali dal mio predecessore» sono giustificazioni tanto frequenti quanto comprensibili. Analizzare le scatole nere dei processi mettendo in campo le conoscenze interne o esterne necessarie, possedere una certa propensione e capacità di rischio e puntare su innovazione, ricerca e sviluppo sono passaggi fondamentali per trasformare i processi nell’ottica di ridurre le emissioni. Non è escluso che, oltre a ciò, occorrano strumenti di tutela dai rischi per poter dare avvio a tali trasformazioni, che potrebbero essere rappresentati da garanzie di copertura dal rischio legato a grandi avanzamenti tecnologici.

4. Adeguamenti dei prodotti
Alcuni prodotti possono essere sostituiti da altri aventi funzioni identiche o analoghe, ma che richiedono meno calore per il riscaldamento dei processi o temperature inferiori in produzione. Questi cambiamenti di prodotti vengono anche effettuati per utilizzare i materiali con un minor dispendio di risorse o per differenziare e riciclare meglio le materie prime una volta che i prodotti sono giunti a fine vita.

5. Sostituzione dell’approvvigionamento energetico con fonti rinnovabili
Pur avendo pienamente adottato le quattro soluzioni sopra descritte per ridurre le emissioni, rimane ancora un forte fabbisogno di calore per i processi a diversi livelli di temperatura. Per quanto possibile, tale fabbisogno dovrebbe poter essere coperto con vettori energetici privi di emissioni di CO2. Le energie rinnovabili, tuttavia, presentano alcune criticità in termini di disponibilità, contemporaneità, livello di temperatura, andamento dei prezzi e sostenibilità della produzione di biogas e di gas e combustibili liquidi sintetici da fonti rinnovabili. La sequenza con cui sono state presentate le misure è da considerarsi teorica, come nel caso degli immobili, in cui prima va ottimizzato l’involucro esterno e poi va gestito il nuovo riscaldamento con energie rinnovabili. In pratica, spesso la situazione è differente, non da ultimo a causa dei diversi cicli di vita dei componenti. Se le imprese decidono di puntare sui processi e sul calore necessario per il loro riscaldamento, occorre in ogni caso partire dagli efficientamenti. Gli eventuali passi successivi possono seguire un ordine diverso a seconda della situazione.

FACILE O DIFFICILE? DIPENDE.

La decarbonizzazione del calore dei processi non è sempre facile da realizzare, come evidenziano i tre esempi seguenti. Un caseificio organizzato sotto forma di cooperativa, situato in un’area rurale ai margini di una zona artigianale, può tranquillamente passare a un riscaldamento a cippato con il legname proveniente dalla foresta locale. Eventualmente ci sarà anche una rete di teleriscaldamento o un consorzio locale nelle vicinanze. Il carico di base e di punta verrebbe senz’altro coperto con la medesima caldaia o tramite il consorzio. Al giorno d’oggi le caldaie a ceppi sono in grado di adeguare la loro potenza al fabbisogno tra il 100 e il 30 per cento. In un batter d’occhio il caseificio è a emissioni zero – più semplice di così!  Sono circa 150 i caseifici assistiti dall’AEnEC nel raggiungimento dei loro obiettivi di decarbonizzazione che hanno adottato questo approccio, tra cui anche alcune grandi realtà…

La decarbonizzazione dei processi e del calore destinato al loro riscaldamento è una sfida.

Un vivaio potrebbe invece avere qualche difficoltà in più. Di notte la serra è isolata dagli schermi termici, che allo spuntare del sole nelle prime ore del mattino vengono rimossi da sopra le colture, il che genera in breve tempo un notevole picco di carico. Sfruttando il calore residuo o utilizzando una pompa di calore con sonda geotermica o ad acqua di falda si riuscirebbe a coprire questo fabbisogno energetico improvviso solo a fronte di grandi accumulatori. Senza di essi occorrerebbe anche a una caldaia, ad esempio a biogas, in grado di assorbire questi picchi. In più, la fonte di energia summenzionata deve anche essere disponibile e utilizzabile. Eventualmente sarebbe il caso di passare a un altro tipo di coltura oppure iniziare la produzione più avanti nell’anno. Questi cambiamenti possono avere un peso notevole per la singola impresa, per cui già a questo punto la decarbonizzazione del calore dei processi non è più così facile da raggiungere.

Ancora più arduo è il caso di un’azienda chimica in area urbana con una molteplicità di processi continui e non e requisiti di temperatura estremamente variabili nei processi. In linea di principio la richiesta massima di calore in un dato punto non dovrebbe far sì che tutta l’area venga alimentata a quello stesso livello di temperatura. Non di rado, infatti, ciò impedisce il recupero termico all’interno dei processi, lo sfruttamento del calore residuo, un’eventuale rete di anergia, l’utilizzo di energia ambientale tramite pompe di calore o l’impiego del solare termico a fini di preriscaldamento o approvvigionamento totale. Spesso tutta l’area di pertinenza dell’azienda viene alimentata a livello centrale attraverso un’unica centrale termica con rete a vapore o ad acqua calda, per cui gli scambiatori di calore ad alta temperatura in corrispondenza dei consumatori vengono previsti di piccole dimensioni. Convertire successivamente questo tipo di reti a temperature inferiori richiede non poche trasformazioni, dal momento che a temperature più basse le superfici degli scambiatori di calore devono essere maggiori.

Rimangono processi le cui emissioni di CO2 difficilmente possono essere abbattute.

CHE FARE?

Una suddivisione in cluster di approvvigionamento con diversi generatori di calore a seconda dei livelli di temperatura e degli orari di attività sarebbe un’opzione sensata per molte imprese. La produzione di calore per il riscaldamento degli spazi andrebbe possibilmente separata da quella per il riscaldamento dei processi. Al giorno d’oggi un edificio ben ristrutturato può essere gestito con una temperatura di mandata di 35 gradi centigradi, senza necessità di riscaldamento a nafta, a gas o a legna. I «vettori energetici ad alta temperatura» dovrebbero essere riservati ad applicazioni di quel tipo (e non al riscaldamento degli spazi o alla produzione di acqua calda). Il fatto che i grandi impianti di produzione di energia elettrica dal legno potrebbero non sfruttare completamente il calore generato è un altro problema, essendo il legno una risorsa destinata a scarseggiare come vettore energetico.

Un po’ di luce in fondo al tunnel arriva dalla disponibilità – si spera crescente – di biogas e di gas e combustibili liquidi sintetici da energie rinnovabili, che consentono di generare temperature elevate. Devono dunque essere utilizzati dove occorrono temperature di questo livello ed essere prodotti in maniera sostenibile. Importanti sono anche i progressi compiuti sul fronte delle pompe di calore ad alte temperature. Alla fine, tuttavia, rimangono processi le cui emissioni di CO2 difficilmente possono essere abbattute. Tra questi rientrano anche i processi in ambito petrolchimico et quelli che rilasciano emissioni geogene, come la combustione della calce.

PIANIFICARE OGGI PER DOMANI

Sulla base del piano in 5 fasi sopra descritto i consulenti dell’AEnEC illustrano alle imprese interessate, in funzione della loro situazione specifica, quali misure possono essere adottate volontariamente nell’arco dei successivi 30 anni per abbattere quanto più possibile le emissioni dei processi e del calore necessario al loro riscaldamento.  Le analisi PinCH, finanziate tra l’altro anche dalla Confederazione, saranno fondamentali nell’individuare le possibilità di recupero termico e di conversione dei processi. La pianificazione dei costi e delle misure va necessariamente effettuata in un’ottica di Life Cycle Cost (LCC) evidenziando anche i possibili «non energy benefits», altrimenti alcuni risvolti di tali misure potrebbero non apparire redditizi dal punto di vista odierno e alla luce delle condizioni attuali. Con «non energy benefits» s’intendono gli effetti che si realizzano oltre ai risparmi sui costi energetici. Lo stimolo ad avvalersi di tale servizio di pianificazione a cura dell’AEnEC potrebbe essere l’imminente necessità di grandi investimenti su linee o stabilimenti di produzione oppure l’interesse a individuare le opportunità d’intervento. Pianificare il futuro appunto! Sono più di 200 le imprese seguite dall’AEnEC che hanno affrontato il tema della decarbonizzazione del calore necessario al riscaldamento dei processi, richiedendo una pianificazione completa oppure attuando già le misure del caso. Altre sono intenzionate ad aggiungersi. Dire «non funziona» non va bene, commenterebbe Jacqueline Jakob. I numerosi esempi pratici riportati in questa rivista mostrano ciò che è possibile e quali sono le difficoltà da affrontare.

Profilo dell’autore

Thomas Weisskopf, ing. el. dipl. HTL, ing. ener. dipl. HTL/NDS è titolare e amministratore della Weisskopf Partner GmbH e membro della direzione dell’Agenzia dell’energia per l’economia (AEnEC). È coach dell’energia per la Città di Zurigo, esperto CECE Plus e membro del Forum Energia Zurigo. Weisskopf Partner GmbH è accreditata presso l’AEnEC ed energo.

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«Lo conosce già? Perché non lo prova!»

Capita spesso di essere fermata al centro commerciale con la domanda: «Lo conosce già?» Di solito vado oltre con pensieri più importanti nella testa. A volte però mi fermo, ascolto per il tempo necessario e torno a casa informata e rincuorata da un incoraggiante «Perché non lo prova!» con un campioncino di crema nella borsa. Qualche giorno dopo devo constatare che il prodotto ha molteplici benefici. Funziona, ha un buon profumo, ti fa sentire rigenerata e felice. Ebbene sì, lo ammetto: spesso ci ritorno e mi concedo la confezione full-size. La mia conclusione: la consulenza professionale e cordiale, unita a un prodotto efficace, ha avuto effetto su di me!

I consulenti e le consulenti AEnEC hanno un effetto analogo. Grazie al loro approccio focalizzato sulla messa in atto di interventi ad hoc, le imprese si rendono conto che le misure di efficienza adottate ai fini dell’attuazione dell’accordo sugli obiettivi generano molteplici benefici, il che stimola a puntare sempre più in alto.

L’accordo sugli obiettivi è la scintilla che innesca questo processo, il cui successo è frutto dell’interazione tra diversi fattori: il connubio tra volontarietà e tassa di incentivazione, l’attuazione di misure redditizie e la collaborazione delle aziende in reti di efficienza di lungo periodo. Tutto ciò ha generato una dinamica positiva a favore della decarbonizzazione, afferma il presidente dell’AEnEC Rudolf Minsch a colloquio con il direttore dell’Ufficio federale dell’energia, Benoît Revaz. I molteplici benefici e il trasferimento delle conoscenze personali durante le riunioni di gruppo motivano le aziende a puntare sul risparmio energetico.

Il nostro obiettivo è trasmettere questo atteggiamento positivo, garantendo una consulenza di qualità e senza complicazioni e sfruttando gli effetti moltiplicatori della dinamica di gruppo. Ed è così che un CEO dice all’altro: «Conosce già i vantaggi della misura di efficienza XY? Perché non la prova. Noi abbiamo avuto delle esperienze eccellenti».

Jacqueline Jakob, direttrice AEnEC

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Da studi dell’economia comportamentale emerge: se possiamo scegliere, siamo più motivati ad agire.

Questo principio crea un margine di manovra nella realizzazione degli obiettivi climatici. Le aziende sono libere di scegliere come conseguire il proprio obiettivo: o impegnandosi a migliorare l’efficienza energetica o pagando la tassa d’incentivazione sul CO2 senza cambiare nulla. Finora oltre 4000 imprese hanno deciso di agire. Tramite l’AEnEC hanno stipulato con la Confederazione un accordo sugli obiettivi vincolante. Esse raggiungono i propri obiettivi di efficienza energetica – sempre a condizione che le misure adottate a tale scopo siano redditizie – e ricevono il rimborso della tassa d’incentivazione. La legge attuale sul CO2, che permette questa scelta, è in vigore fino al 2020. Per il periodo successivo deve essere rivista, il Parlamento ci sta già lavorando a pieno ritmo.

Care lettrici, cari lettori, se desideriamo gettare le basi per il 2030, il tempo stringe. Oggi, l’abbinamento tra accordo sugli obiettivi e rimborso ha un effetto stimolante: funge, infatti, da impulso per il miglioramento dell’efficienza energetica nelle imprese. Noi dell’AEnEC ne siamo testimoni come organizzazione di attuazione dell’economia, essendo sempre presenti a fianco delle aziende.
Con i 100 ingegneri da noi incaricati, mettiamo la nostra energia e il nostro tempo, la nostra affidabilità e la nostra apertura, la nostra passione e il nostro rispetto al servizio di un miglioramento dell’ecobilancio e dell’efficienza energetica. Poiché, indipendentemente dalla revisione totale della legge sul CO2, un’economia in sintonia con l’ambiente paga.

Con la nostra rivista «Fokus» intendiamo darvi un’idea del nostro lavoro e mostrarvi come la protezione del clima sia promettente sul piano ecologico ed economico. Questa edizione è dedicata al tema «energia e tempo». Vi auguriamo una piacevole lettura!

Rudolf Minsch, presidente dell’AEnEC
Jacqueline Jakob, direttrice dell’AEnEC

Gli ospedali presentano un elevato consumo di energia. Non è sempre facile trovare la soluzione più adeguata per aumentare l’efficienza energetica. Per questo motivo circa 50 ospedali svizzeri partecipano alla gestione energetica dell’AEnEC e beneficiano, nell’ambito di un proprio gruppo del modello energetico, di un prezioso scambio di esperienze. Prossima fermata: Inselspital Berna.

I consulenti dell’AEnEC Mark Schuppli e Robert Vogt moderano più volte l’anno le riunioni del gruppo del modello energetico degli ospedali. Sotto la loro direzione circa 50 rappresentanti di ospedali svizzeri discutono su temi specifici legati all’energia del loro settore. Il formato «World Café» si è dimostrato efficace e motiva i partecipanti a scambiare opinioni. Esso consiste nell’alternarsi a più tavoli per esaminare diversi quesiti inerenti a un argomento di attualità. «Bisogna sempre farsi venire in mente qualcosa di nuovo», ammette Schuppli. Molti ospedali sono grandi consumatori, per cui devono ottemperare a un obbligo legale. Si tratta tuttavia di un settore che non può farsi rimborsare la tassa sul CO2. Per questo motivo occorre una dose extra di motivazione: i due consulenti mostrano ai membri del gruppo gli ulteriori benefici derivanti da un approccio orientato alle misure e stimolano uno scambio fruttuoso.

GRANDI E PICCOLI

Che anche le grandi strutture sanitarie beneficino della composizione eterogenea del gruppo è cosa ben nota a Benjamin Schwarz. Il responsabile del reparto Riscaldamento, Aerazione, Climatizzazione e Impianti sanitari dell’Inselspital di Berna partecipa regolarmente allo scambio di esperienze. «Pur essendo un ospedale grande e ad ampio spettro, le realtà più piccole sono per noi fonte di apprendimento. Possiamo ad esempio prendere spunto dai risultati di misure che, su una scala più ridotta, vanno a segno più rapidamente e adattarli alle nostre dimensioni.» Spesso, infatti, le premesse sono identiche. Il problema maggiore è coordinare le misure di efficienza energetica con la normale operatività dell’ospedale. «In determinati progetti si interviene su impianti da cui dipendono determinate procedure mediche», spiega Schwarz. «Nelle riunioni di gruppo si discute anche di come altri ospedali affrontino questo aspetto.» Ma non è solo questione di dialogo e di apprendimento: attraverso l’accordo universale sugli obiettivi, gli ospedali perseguono anche un obiettivo comune in termini di efficienza energetica e riduzione del CO2. Questo è uno dei motivi per cui si è anche ben disposti ad aiutarsi a vicenda.

EFFICACE

E il gruppo degli ospedali lo fa davvero bene. «In fatto di raggiungimento degli obiettivi siamo chiaramente sulla strada giusta», afferma soddisfatto Schuppli. Soltanto dal 2013 al 2017 il gruppo è riuscito a risparmiare circa 5000 tonnellate di CO2 all’anno, per cui è già del 13 per cento inferiore al valore iniziale. I risultati non sono da meno nemmeno sul fronte dell’efficienza energetica, avendo gli ospedali ridotto i consumi di circa 45 000 megawattora all’anno. Il tutto in un ambito che, in fatto di energia, non sta certo semplificando le cose: più ricerca, tecnologia e progresso significa passare dal calore all’elettricità. «Se in un simile contesto non si diventa nettamente più efficienti, i consumi elettrici esploderebbero», commenta Schwarz.

TRASFORMAZIONE

Schwarz sa di che cosa parla. Il suo luogo di lavoro, l’area dell’Insel a Berna, è in piena fase di ristrutturazione. La famosa torre di degenza deve essere ricostruita  e soddisfare i più recenti requisiti per l’impiantistica degli edifici. L’impresa sembra più facile di quello che è: poiché il settore sanitario si trova in costante trasformazione, cambiano anche i requisiti per l’impiantistica degli edifici e i principi operativi degli impianti. «La sfida consiste soprattutto nello stare al passo con i tempi nel corso di una lunga fase di costruzione», afferma Schwarz. Il grande progetto di costruzione sull’area dell’Insel a Berna deve raggiungere anche gli standard MINERGIE-P ECO e soddisfare già oggi i criteri della strategia energetica 2050 della Confederazione.

OSPITE ALL’INSELSPITAL

Come viene sostenuto un progetto di costruzione così enorme? La questione verrà approfondita in aprile dal gruppo del modello energetico degli ospedali. «In occasione della prossima riunione i membri avranno la possibilità di visitare l’area di cantiere 12, ossia il luogo in cui viene sostituita la torre di degenza», rivela Schuppli. A tale scopo il team di progetto dell’Inselspital, cui compete la ristrutturazione, incarica il suo sostituto del responsabile di progetto di mostrare al gruppo come viene sostenuta la ristrutturazione tramite mezzi ausiliari di pianificazione moderni come il BIM (Building Information Modeling). Il BIM è un software particolarmente utile per i progetti di costruzione che visualizza i processi per la pianificazione, il progetto, la costruzione e il funzionamento di un edificio. Per la verità al signor Schwarz, che sta ancora preparando la prossima riunione del gruppo, non piacciono le lunghe visite sui cantieri. Tuttavia «questa volta è diverso», valuta il bernese. È sicuro: «Il potenziale per una discussione è grande, poiché questo progetto nell’area dell’Insel è molto complesso anche in termini di efficienza energetica. Sono pertanto molto lieto di questa riunione e mi auguro che non vengano soltanto poste numerose domande, ma che vengano date anche alcune risposte.» Non mancheranno di certo gli argomenti per uno scambio di idee tra i membri.


RISPARMIO ENERGETICO PER GLI OSPEDALI

Calore residuo
Gli apparecchi medici altamente tecnologici devono essere raffreddati. Un buon piano energetico consente il recupero del calore residuo degli apparecchi: questo calore viene utilizzato per riscaldare l’ospedale restante. Il consumo energetico può così essere dimezzato rispetto al piano convenzionale.

Ottimizzazioni del funzinamento
I requisiti per l’impiantistica degli edifici degli ospedali sono in costante cambiamento. Ottimizzando il funzionamento dell’impiantistica degli edifici è possibile tener conto di questa circostanza. Il potenziale oscilla a seconda della situazione iniziale tra il 5 e il 20 per cento.

Illuminazione
Utilizzando le tecnologie LED è possibile almeno dimezzare il consumo energetico delle illuminazioni negli ospedali.


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Gli elettrodomestici Schulthess non sono soltanto garanzia di biancheria assolutamente pulita, ma anche di bilancio energetico pulito. L’azienda di Wolfhausen migliora, infatti, da anni con successo la sua efficienza energetica insieme all’AEnEC.

Tutte le lavatrici e le asciugatrici vengono prodotte a Wolfhausen, nell’Oberland zurighese.

Schulthess Maschinen SA produce lavatrici e asciugatrici per le case unifamiliari, plurifamiliari e l’industria. Fondata nel 1845, oggi l’azienda vanta un organico di circa 400 persone, di cui gran parte lavora nel servizio clienti. Un servizio a misura di cliente disponibile 24 ore su 24 è un atout dell’azienda. Daniel Zehnder dirige il settore dei sistemi di gestione, è incaricato della qualità e dell’ambiente ed è responsabile della sicurezza sul lavoro. Ma anche assicurare i massimi livelli di qualità delle lavatrici e delle asciugatrici è un’assoluta priorità, soprattutto nella produzione. «Oggi ordine, domani consegna» è il principio base su cui si fondano le soluzioni di macchine personalizzate per le case di qualunque metratura, per tutti i tipi di tessuti, i settori più disparati e qualsiasi esigenza. Sono trascorsi quasi 60 anni dal lancio di Schulthess della prima lavatrice automatica d’Europa. «Questo carattere precursore ci distingue tuttora», afferma Zehnder. «Le nostre macchine sono ancora oggi tra le più innovative al mondo.» Sono tre i pilastri – «Swissness», «qualità» e «sostenibilità» – che contraddistinguono la filosofia aziendale: tutti gli apparecchi vengono sviluppati e prodotti a Wolfhausen, nell’Oberland zurighese. L’uso di materiali di qualità, la lavorazione di precisione e la lunga durata caratterizzano i prodotti. E la sostenibilità? Oltre al consumo minimo di acqua ed elettricità delle macchine, l’azienda si impegna anche a produrre con la massima efficienza possibile in collaborazione con l’AEnEC.

LA QUALITÀ PROLUNGA LA DURATA

«Produzione meccanica con un tocco di manualità», è la chiave del successo di Schulthess Maschinen SA nella produzione di lavatrici e asciugatrici. Qui macchine ultramoderne per la lavorazione a stampo della lamiera e robot perfettamente programmati incontrano la precisione del lavoro manuale, a cui si ricorre principalmente nella fase finale di montaggio e nei numerosi controlli di qualità. Quanto l’intera produzione possa essere amorevole è dimostrato dal termine «matrimonio», utilizzato internamente per descrivere l’unione tra la vasca di lavaggio e il telaio della macchina. Alla Schulthess le vasche sono in acciaio cromato, cosa che rende l’azienda unica nel suo genere, essendo questo componente esclusivamente di plastica tra la concorrenza. Ma è proprio questo materiale che garantisce la resistenza e la durata degli elettrodomestici Schulthess.

RESISTENZA, LUMINOSITÀ E RISPARMIO

Anche le cifre attuali mostrano l’efficacia della collaborazione con l’AEnEC: ormai Schulthess Maschinen SA risparmia, infatti, ogni anno 19 600 franchi di costi energetici. Questo risparmio è dovuto a diverse misure. Gran parte dell’illuminazione è già stata sostituita con la tecnologia LED, entro fine anno verranno installati da 300 a 400 corpi luminosi nuovi. «Abbiamo investito molto in questo ambito», afferma Zehnder, ma ne vale la pena. Le lampade consumano oltre il 20 per cento in meno di energia e sono molto più robuste. «I nostri addetti alla manutenzione sono enormemente contenti di poter ora sostituire le lampade con frequenza minore.» Sono stati inoltre installati rilevatori di movimento e sono stati sostituiti i portoni dei capannoni di produzione. I vecchi portoni si guastavano facilmente e lasciavano fuoriuscire grandi quantità di calore. Ora funzionano più velocemente e sono automatizzati: i conducenti di carrelli elevatori possono, infatti, aprirli e chiuderli facilmente tramite telecomando.

NUOVO PIANO ENERGETICO

Nei capannoni industriali si lavora a pieno ritmo e fa caldo. Un inconveniente che per Zehnder è sempre stato una spina nel fianco. «Abbiamo moltissimo calore residuo, ma che non utilizziamo», spiega. Questo aspetto sarà affrontato con il nuovo piano energetico che ha elaborato insieme ai consulenti dell’AEnEC. «In una prossima fase abbiamo intenzione di sostituire la nostra caldaia a nafta con tre o quattro riscaldamenti decentralizzati», commenta. Questi ultimi devono essere provvisti di un sistema di utilizzazione del calore residuo per poter sfruttare in modo efficiente le temperature elevate risultanti dalla produzione. Con queste misure si intende migliorare soprattutto l’intensità di CO2dell’azienda. Se tutto andrà secondo i piani, la ristrutturazione dovrebbe terminare nella primavera del 2020.

UNO SCAMBIO PIÙ ECOLOGICO

Chi si occupa per anni di ottimizzare i processi nella propria azienda sa che con il tempo, in assenza di regolari ispirazioni, può venirsi a creare una visione ristretta. Per evitarlo, il consulente dell’AEnEC Hollenstein organizza ogni anno insieme al suo collega Mario Roost un incontro di gruppo. Schulthess Maschinen SA è membro del gruppo del modello energetico «2013plus» cui appartengono anche Läckerli Huus SA o TBB Immobilien SA. In questo gruppo si scambiano opinioni, si discute su temi attuali e ci si fa un’idea della rispettiva azienda «ospitante». «Vogliamo sempre offrire un valore aggiunto a chi partecipa alle riunioni di gruppo», spiega Hollenstein. «O presentiamo argomenti che riguardano e interessano tutti o invitiamo esperti nelle tematiche desiderate.»

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AMAG importa, vende e ripara automobili in tutta la Svizzera. Nei garage si mettono a punto non solo i veicoli, ma anche il bilancio energetico. Con 17 aziende grandi consumatrici, l’AMAG è un partecipante di prim’ordine dell’AEnEC.

Sono circa 5700 i dipendenti AMAG che si occupano di importazione, vendita e manutenzione dei veicoli su tutto il territorio nazionale.

L’Audi S5 brilla in tutto il suo splendore, le plafoniere si riflettono sul cofano motore immacolato, sul sedile posteriore della cabriolet troneggia un cane di peluche. Le auto, disposte su due colonne, seguono la disposizione delle luci a soffitto. L’arredamento dell’area di vendita è rigorosamente prestabilito dal costruttore: ci sono regole che definiscono il numero di luci per automobile, ne determinano la forma, l’angolazione e l’intensità. Nulla viene lasciato al caso; persino le piastrelle del pavimento sono a marchio Audi. O come dice Dionys Wanner: «Qui la creatività non è richiesta». Wanner è responsabile della gestione energetica di tutto il Gruppo AMAG. Conosce ogni angolo dei due piani di showroom Audi. L’azienda fa parte dell’Autowelt di Dübendorf ed è uno dei 75 punti vendita del Gruppo AMAG in Svizzera. La società importa circa 100 000 veicoli nuovi all’anno, la metà dei quali viene venduta nei propri garage. I marchi distribuiti, sia a livello di veicoli che di ricambi, sono VW, Audi, SEAT, ŠKODA e VW Veicoli Commerciali.

UN GRUPPO DEL MODELLO ENERGETICO A SÉ

Quando la legge sul CO2 e l’articolo sui grandi consumatori sono entrati in vigore nei primi Cantoni, Wanner è stato nominato coordinatore energetico di AMAG. In collaborazione con l’AEnEC, dal 2012 istruisce le singole aziende in materia di gestione energetica. Ritiene che la sua sia un’attività estremamente sensata, se si considera quanto spreco di energia può già essere evitato con un minimo sforzo. I grandi consumatori dell’AMAG costituiscono insieme un gruppo del modello energetico a sé, assistito dal consulente dell’AEnEC Stefan Graf. Al suo interno vi sono garage, carrozzerie e il centro d’importazione di Birrfeld, nel Canton Argovia. Graf vede un grande potenziale in questa forma organizzativa: «I garage hanno molte cose in comune, il che semplifica lo scambio e innalza la curva di apprendimento». Gli fa eco Wanner, responsabile della gestione energetica dell’AMAG. Le soluzioni sono sempre le stesse: «tempistiche più brevi, meno luce, meno calore e meno pressione nell’aria compressa».

RISPARMIARE SU ILLUMINAZIONE E VENTILAZIONE

L’intensità delle luci che illuminano le automobili richiede parecchia energia, esattamente quanto la climatizzazione degli showroom. Le regole imposte dalle case costruttrici non consentono di ottimizzare più di tanto questo aspetto, afferma Wanner. Qualche dettaglio minore è stato migliorato, come ad esempio l’illuminazione in prossimità delle vetrine, che viene abbassata quando c’è sufficiente luce naturale. Diversa è la situazione degli impianti di ventilazione: gli spazi enormi, spesso alti, di showroom e garage devono essere aerati e climatizzati a dovere. Regolando correttamente gli impianti e adeguando gli orari di funzionamento, si può risparmiare molto da questo punto di vista. In questo modo, infatti, all’Autowelt di Dübendorf si sono ridotti i consumi energetici di circa 600 megawattora all’anno. «La gente è rimasta a dir poco sorpresa quando nel sistema di monitoraggio dell’AEnEC ha visto quanta energia in meno si consuma modificando le impostazioni degli impianti», commenta Wanner. Grazie all’adozione di misure di vario genere, ogni anno le aziende del Gruppo AMAG risparmiano 1500 megawattora di elettricità e 2000 megawattora di energia per il riscaldamento.

SFRUTTARE I MARGINI DI MANOVRA

Per due anni Wanner e il consulente dell’AEnEC Graf hanno visitato tutte le sedi della Svizzera, analizzandole e definendo gli accordi sugli obiettivi. Nel frattempo si è attuato un gran numero di misure e l’AMAG è sulla strada che la porterà direttamente alla meta. Due centri hanno persino già raggiunto i target prefissati per il 2023. Anche se inizialmente Wanner ha avuto bisogno di molta forza di persuasione per convincere dell’idea il suo management, ora la redditività delle misure parla da sé. «L’AEnEC e la Confederazione hanno davvero trovato un buon sistema per conciliare le misure ecologiche con quelle economiche». In AMAG, ora Wanner trasferisce le sue conoscenze anche da un sito all’altro. Come perito elettronico, specialista in materia di acquisti e coordinatore energetico, nel corso del tempo ha raccolto un vero e proprio bagaglio di esperienze: «Adesso seguo anch’io con attenzione ciò che fanno gli addetti alla pianificazione e naturalmente posso sfruttare queste conoscenze anche in fase di nuovo acquisto». Sebbene le possibilità siano a volte limitate, sinora Wanner e i suoi colleghi hanno sempre trovato un margine utile da sfruttare.

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